Suicidio: atto di libertà o di prigionia?
Il suicidio non è quasi mai una decisione improvvisa, ma il punto di arrivo di lunghi e tortuosi ragionamenti.
C’è una prima fase in cui la morte è percepita positiva perché fa finire una sofferenza pesante. Non esiste una vera e propria intenzionalità, ma esso è visto come possibile soluzione a situazioni insopportabili. Il suicidio viene visto come un sollievo, come una fantasia romantica in cui la persona prepara tutto con nuovi vestiti, quantità di barbiturici, saluti finali. Nella seconda fase l’aspirante suicida si trova contrastato da varie ambivalenze fra vivere e morire, fra disperazione e speranza. Nella terza fase si è già maturata l’idea di sopprimersi. Per fortuna non sempre riesce e l’istinto a vivere ha il sopravvento.
Le motivazioni che spingono le persone a pensare al suicidio sono:
1) Motivi esistenziali: la persona che medita sul suicidio non sempre sta soffrendo di depressione, ma si sente vuota, spenta e vive senza dare senso alla vita. La persona nasconde un’insoddisfazione totale, non crede più in se stesso e negli altri. La morte giungerebbe come ad eliminare questo senso di svuotamento totale.
2) Motivi di disperazione: la persona vorrebbe vivere una vita diversa, senza le sofferenze insopportabili che sta vivendo in quel momento a causa della perdita di una persona cara o per una delusione avuta in un settore su cui aveva puntato molto.
3) Motivi di vendetta: alcune volte il gesto del suicida denota un significato di vendetta per l’indifferenza o la cattiveria cui la persona pensa di essere vittima. Con il suicidio,in questo caso, si tenta di colpire le persone che
sono considerate responsabili di tutto ciò (genitori,partner, amici, ex fidanzati…).
4) Motivi di ricongiungimento: questa modalità comportamentale riguarda parecchie persone che soffrono maledettamente per la perdita di una persona cara e il loro dolore sembra inconsolabile. Esse pensano di ricongiungersi con l’amato nell’aldilà.
L’atto suicida riuscito si riscontra di più negli uomini, mentre per le donne sono più numerosi i tentativi che fortunatamente non vanno a segno. Gli uomini quando ci provano, ci riescono; le donne invece, anche se hanno il primato dei tentativi, non ci riescono. Il tutto è spiegabile per il fatto che le donne hanno più rapporti interpersonali con altre amiche e che riescono quasi sempre a comunicare quello che stanno tentando. Gli uomini, essendo più riservati, chiusi, meno propensi culturalmente a parlare dei propri problemi e dei propri guai, mettono in atto i loro comportamenti senza darne preavviso, o senza essere
capiti nelle loro intenzioni.
La reazione familiare al suicidio di un suo membro è devastante. Il primo sentimento che emerge è il senso di colpa nei suoi confronti o per quello che avrebbero potuto fare/ non fare, o per quello che avrebbero dovuto fare/non fare. Allo stesso tempo insorge, pure, un senso di rabbia per quello che ha fatto, per non aver parlato, per non aver seguito i suggerimenti dati. Un altro sentimento è l’angoscia e il dubbio che ciò si possa ripetere in un altro suo membro; sarebbe l’ammissione che ci sia qualcosa di patologico in quella famiglia e tra i suoi membri. Serpeggia, anche, un senso di vergogna nei riguardi della percezione dei vicini di casa e del loro giudizio. Ci si sente complice indiretto dell’atto e ci si trova a dover gestire il fiume di domande che ineluttabilmente ci assalgono nella mente. Se solo avessi…
Andare a cercare i veri motivi dell’atto suicidario è fuorviante e poco rassicurante per il familiare, perché rimane sempre il dubbio di quello che si sarebbe potuto fare e che non si è fatto. Non parliamo, poi, del congiunto. Egli si tormenterà in continuazione attribuendo ogni litigio, incomprensione, comportamenti, a fattore precipitante del gesto fatale. Gli rimane un senso di impotenza e di diffusa tristezza per quanto successo.
In simili casi è opportuno seguire una psicoterapia per elaborare il lutto familiare, la perdita affettiva, l’emergere dei sensi di colpa, onde evitare di protrarre per anni una vita pesante e angosciante.
Dott.ssa Susie Baldi
Psicologa e Psicoterapeuta