I tedeschi a villa Gagliardi nel 1944: ricordi di un bambino
Dopo l’armistizio concluso tra il Regno d’Italia e gli alleati l’8 settembre 1943, le truppe tedesche scesero dal Brennero in pieno assetto di guerra e giunsero a Bovolone il 10 settembre, incutendo paura e preoccupazione in tutta la popolazione.
Nei mesi seguenti, i tedeschi requisirono alcuni edifici del paese per l’alloggiamento delle truppe, mentre la TODT (Corpo Aeronautico Tedesco) occupò il locale campo di aviazione e reclutò personale del posto per riattivarlo e costruire una nuova pista in cemento lungo il suo asse maggiore. Lo stesso gruppo di lavoro occupò alcuni campi nel fondo “Caval”, sulla strada per Ca’ degli Oppi, appartenuti a mio zio Romolo Gagliardi, per approntare alcune piazzole su cui posizionare finti aerei in legno a scopo diversivo.
Arriviamo, così, al fatidico 5 febbraio 1944, quando anche parte della villa Gagliardi fu requisita. Avevo allora solo 9 anni, ma ricordo chiaramente la costernazione dei miei famigliari e, in particolare, i timori di mio nonno Remo per le sorti della sua casa.
Nell’occasione, furono occupate 3 stanze ammobiliate per ospitare tre ufficiali germanici; venne inoltre posizionata e mimetizzata tra gli alberi del cortile una stazione radiotrasmittente che poteva rivelarsi un pericoloso obiettivo militare.
Devo dire che il disagio dei miei famigliari non era condiviso da me e i miei amici. Per noi la presenza dei soldati, con i quali giocavamo a palle di neve, era un interessante diversivo. Un giorno ne abbiamo combinata una di grossa: con infantile incoscienza io e due miei amici, Fadini e Bertolotto, siamo entrati nell’autocarro della radio trasmittente, ci siamo impossessati di pistole, mitra e bombe a mano e così, armati di tutto punto, siamo scesi dal mezzo. Quando però vedemmo due tedeschi col mitra spianato che ci minacciavano a pochi metri di distanza, il terrore s’impadronì di noi; allora gettammo a terra tutto il nostro arsenale e scappammo a tutta velocità rifugiandoci sull’albero più alto del giardino. Il fatto, comunque, non ebbe conseguenze.
Nei primi giorni di settembre del 1944, dopo che le truppe canadesi ebbero aperto una breccia nella Linea Gotica, i tedeschi trasferirono il loro contingente aereo più a nord. Nick Beale, nel suo volume “I bombardieri fantasma”, riferisce che il 13 settembre 1944 «La prima parte del I° Staffel (squadriglia) è arrivato a Bovolone e il comando regionale dell’Airfield aveva previsto il trasferimento degli altri due Staffel a Vicenza. Il giorno seguente, il resto del 1/NSG 9 (gruppo di combattimento notturno) e lo Gruppen stab (gruppo di comando) erano a Bovolone. La base per il I° Staffel è stata trovata nel centro della città: in una notevole antica villa immersa in un parco e appartenente al Cavaliere Remo Gagliardi, che ha continuato a vivere con la sua famiglia nella parte principale dell’edificio “quasi- chateau”».
L’insediamento del comando comportò una più massiccia occupazione della nostra casa, sia per quanto riguarda gli spazi, che per il numero dei militari presenti. Il 18 settembre 1944 furono requisite 7 stanze ammobiliate, 2 delle quali destinate a due ufficiali e 5 riservate a quattro sottoufficiali e trenta soldati. I vani erano dislocati sui lati nord e nord-est del primo piano.
Il giorno precedente avevo fatto la terribile esperienza di un bombardamento aereo. Erano le dieci del mattino e mi trovavo in cucina con i miei famigliari; d’improvviso, al sinistro rombo di motori sempre crescente, seguì il fragore delle bombe che scoppiavano. Mio nonno gridava di metterci al riparo nel vano delle porte mentre i muri tremavano, i vetri andavano in pezzi e cadevano parti d’intonaco dai soffitti. L’atmosfera angosciante si protrasse per circa un quarto d’ora. Si trattava di un’incursione portata da una squadriglia di 7 od 8 cacciabombardieri che attaccavano in picchiata due treni fermi in stazione con alcuni vagoni carichi di munizioni. Esse continuarono ad esplodere per ore. I danni al paese furono ingenti. Perirono sotto le macerie della “Casona” Giuseppe Ferrarini, Marina Vaccari e due soldati tedeschi in stazione. Uno di questi, rimasto bloccato sotto la ruota di un vagone, era completamente carbonizzato.
L’evento più impressionante fu, però, la completa distruzione della casa del segretario comunale Cesare Tomelleri. Immaginiamo la sua disperazione quando, tornando dalla messa, vide la sua casa ospitante moglie e figli rasa al suolo. Fortunatamente i soccorritori, scavando tra le macerie, riuscirono ad estrarre i suoi famigliari miracolosamente indenni. Essi si erano rifugiati in cantina. I coniugi Tomelleri ed i loro 6 figli si accamparono in villa Gagliardi, nel salone del piano terra, fino a che il Comune non provvide a sistemarli in una nuova abitazione.
Tutta questa moltitudine di persone che si aggirava nella villa e nel parco creava un certo disagio ai miei famigliari, mentre per me ed i miei amici rappresentava una fonte inesauribile di gioco. La nostra incoscienza raggiunse il culmine il giorno successivo quando, recatici in stazione, salimmo furtivamente sul treno e razziammo pallottole di vario calibro, micce ed altro materiale esplosivo con cui costruimmo in seguito rudimentali pistole.
Nel frattempo i tedeschi avevano completato il trasferimento della loro squadriglia 1/NSG9 nel campo d’aviazione appena riadattato. Essa era formata in prevalenza da aerei JU 87D-3. Essendo velivoli datati e lenti, essi compivano le loro azioni solo di notte; se avessero volato di giorno, infatti, sarebbero stati facilmente abbattuti. Il Beale, nel suo volume, la definisce «La guerra al chiaro di luna della NSG9».
Il sottotenente Willy Ferling, uno degli ufficiali risiedenti in villa Gagliardi, compì una serie di voli d’addestramento per il blind-flying (volo cieco o strumentale) ai suoi compagni, impiegando il suo Junger W 34.
La presenza dei militari tedeschi nella nostra casa rimaneva motivo di costante preoccupazione, sia per il comportamento che avrebbero potuto tenere nei nostri confronti, sia per gli eventuali danni che avrebbero potuto compiere al contenuto dei vani da loro occupati. Essi si erano accorti, tra l’altro, che mio nonno Remo ascoltava clandestinamente Radio Londra, trasmessa dal giornalista Calosso. Ricordo che un maresciallo, con l’abitudine di rientrare talora ubriaco, minacciò con la pistola la nostra settantenne cameriera Leonilde, rea di addormentarsi al racconto delle sue storielle invece che sorridere. In realtà possiamo considerarci fortunati perché il comandante del gruppo, maggiore Rupert Frost, si dimostrò persona colta e rispettosa, capace di controllare i suoi subalterni con una severa disciplina. Amante della musica, chiese il permesso di eseguire al pianoforte, ogni mattina dalle 10.30 alle 11.30, pezzi di Chopin e Mozart.
Oltre che per la presenza dei tedeschi, provavamo una costante tensione causata dalle incursioni notturne di un aereo, denominato “Pippo”, che sganciava bombe incendiarie sulle abitazioni con coprifuoco “imperfetto”. Una di queste colpì la casa di Pietro Olfi in via Umberto I, poco distante dalla nostra.
In una notte di ottobre del 1944, una divisione di carro armati Tanks proveniente da Salizzole si dispose lungo via Vescovado e via Umberto I. Il suo comandante aveva deciso di nasconderla sotto gli alberi del nostro giardino, non prima di aver abbattuto il muro di recinzione della villa. Mio nonno era disperato. A quel punto si rivelò provvidenziale l’intervento del maggiore Frost, che dopo un’animata discussione riuscì a far cambiare idea al suo interlocutore. I carri furono così portati nella vicina valle del Menago.
Sorprendente fu inoltre il comportamento tenuto da uno dei “nemici” tedeschi presenti in villa durante il bombardamento-mitragliamento avvenuto il 25 ottobre 1944, che aveva come obiettivo principale il campo d’aviazione, ma che interessò anche l’abitato. Io mi trovavo in contrada Pozza a ripetizione dalla maestra Palmira Bissoli. Così mia madre, incurante del pericolo, uscì dal cancello e si mise a correre sotto il mitragliamento per venire a cercarmi. Il militare tedesco, di nome Adami, decise però di rincorrerla e costringerla a rientrare per ripararsi nel rifugio approntato in giardino, dove già si trovavano gli altri miei famigliari ed alcuni abitanti del vicinato.
Un ricordo di Giorgio Adami, fornito da Willy Ferling, è riportato nel volume di Beale: «Di media altezza con capelli ricci e neri, venuto dal sud Tirolo, parlava fluentemente italiano. Era innamorato della bella figlia [del sindaco] del segretario comunale di Bovolone (uomo buono e colto). Si chiamava [Lisa o Luisa] Lina. Nel mese di ottobre del 1944, quando le basi dell’equipaggio dei velivoli erano nella villa del Cavaliere Remo Gagliardi, i due spesso parlavano insieme e così via in una piccola casa estiva in un angolo del parco».
L’idillio s’interruppe bruscamente qualche tempo dopo, quando l’artigliere Adami perì con l’esplosione del suo aereo durante un’azione di volo. Aveva appena compiuto 23 anni.
Dopo la seconda incursione aerea, io e mia madre lasciammo Bovolone e sfollammo nella casa colonica della nostra cameriera Cesira Rebonato a Isola Rizza in contrada Ormeolo, dove nacque mio fratello Tomaso. I miei nonni, invece, non vollero abbandonare la casa per poterla custodire. Dovettero così sopportare le altre 20 incursioni aeree che si susseguirono fino al 27 febbraio 1945. In questo periodo il paese rimase quasi deserto.
L’occupazione tedesca di villa Gagliardi terminò il 26 gennaio 1945.
Remo Scola Gagliardi
Grazie per aver condiviso questa pagina di storia, storia della vostra famiglia, storia di Bovolone. La Grande Storia è fatta anche dalle piccole storie di ciascuno. Paola Nadali