Lo sballo del sabato sera: l’abuso di alcol negli adolescenti
Fumano, bevono e consumano droghe quasi regolarmente; gli adolescenti di oggi attuano sempre più precocemente comportamenti a rischio. Ciò che preoccupa maggiormente sono i dati rilevati circa il consumo e l’abuso di alcol, in particolare birra. A undici anni il 12% dei ragazzi beve alcolici almeno una volta alla settimana; a 15 anni la percentuale sale al 37%: la più alta d’Europa. L’incremento maggiore si osserva tra le ragazze. La guida in stato d’ebbrezza è la prima causa di morte della popolazione giovanile europea.
Nei giovani adolescenti o pre-adolescenti l’abuso di alcol ha conseguenze molto più gravi e peggiori rispetto agli adulti perché interferisce con i processi di maturazione del cervello oltre che con la capacità di apprendimento. L’alcol brucia le cellule nervose che non possono rigenerarsi, consuma il fegato e può portare fino all’impotenza; questo accade anche se l’assunzione è saltuaria o se si concentra “solo” nella sbronza di fine settimana.
L’abitudine a bere alcol riguarda non solo quei giovani che in genere vengono definiti problematici, ma anche quei ragazzi che svolgono apparentemente una vita normale: sono ben integrati, vanno a scuola regolarmente anche con buoni risultati oppure lavorano. Bevono in compagnia con gli amici in una sorta di rito collettivo talvolta associando cocaina o altre droghe.
Ma cosa spinge un giovane a bere? Lo scopo è fuggire da una realtà che non piace o che non è sostenibile. Bere cambia l’umore e attenua la sofferenza di un malessere esistenziale e relazionale da cui non si sa uscire e di cui spesso non si è consapevoli.
Le preoccupazioni, la paura di essere abbandonato dal proprio fidanzato o dagli amici, le perdite affettive, l’isolamento e la solitudine, accompagnate alla frustrazione, alla rabbia, alla delusione fanno sì che il ragazzo si trovi a credere che la sua personalità sia minacciata e questo può causare angoscia. La via di fuga più semplice diventa quindi rifugiarsi nel bere: beve un goccio e si sente meglio, più leggero, un po’ più sicuro. Le preoccupazioni vengono subito dimenticate, l’alcol diventa un rifugio mentale il cui scopo è quello di far vivere alla persona una realtà parallela diversa da quella sperimentata tutti i giorni. Poi, passato l’effetto, sta peggio di prima e senza accorgersene si ritrova dipendente.
A volte i genitori sono gli ultimi ad accorgersi che i figli adolescenti fanno uso di alcol, e spesso ciò avviene in modo casuale, come attraverso una telefonata che li informa sulla presenza dei figli in ospedale o a causa di un incidente stradale o in seguito al un coma etilico. Questa triste esperienza che non sempre si risolve positivamente, porta i genitori alla triste consapevolezza che il loro figlio/a, che sino ad allora non aveva mai manifestato, ai loro occhi, spesso disattenti, dei disagi, probabilmente nasconde un aspetto della propria vita di cui erano rimasti sino ad allora ignari.
La dipendenza da alcol è espressione di un disagio psichico profondo e di un malessere culturale che va ascoltato e decodificato come una domanda di aiuto anche se si esprime in modalità patologiche. È indispensabile intervenire tempestivamente su tale fenomeno sviluppando adeguati programmi educativi e di prevenzione, progettando percorsi culturali e di formazione alternativi con particolare coinvolgimento del sistema familiare e scolastico. Bisognerebbe imparare a osservare e ascoltare con nuovi strumenti i nostri giovani se non si vuole essere complici inconsapevoli di questo lento e silenzioso suicidio collettivo.
Dott.ssa Susie Baldi
Psicologa/Psicoterapeuta